Salerno non è Napoli. Qualcuno scandisce questa frase scuotendo la testa, parlando di Salerno come di una città provinciale che offre poco, in confronto al capoluogo. E pensare che da qualche anno, io invece, ho preso l’abitudine di frequentarla per il Natale. O nel fine settimana, quando posso. Le riconosco quel pizzico di cura del dettaglio e di serenità che a Napoli manca. Oltre a una discreta offerta di bar, localini e ristoranti concentrati intorno ad un centro storico vivibile e grazioso che, a mio avviso, libero dalle zavorre di quello napoletano, potrebbe decisamente avere uno sviluppo meritato.Me lo ripeto sempre: “a Salerno, Napoli invidia il tramonto e le è debitrice della Costiera Amalfitana, che vanta come sua”, rappresentando una delle buone ragioni per volare dall’estero in Campania. Se la Costiera, non fosse stata così lontana, molto probabilmente, anche questa rara perla della nostra Italia, sarebbe stata inghiottita dal buco nero della metropoli sovrappopolata. La proteggono, invece, chilometri di coste piene di curve e un muro di roccia costituito dalla catena dei Lattari. Ma Salerno ha anche di più: il Cilento, il Vallo di Diano, la Piana del Sele e i Monti Picentini.
Di recente sono tornata tra le colline e le montagne morbide dei Picentini con vista sul mare, dove negli ultimi anni sono nate cantine, aziende agricole e oleifici di tutto valore, spinta dalla curiosità scoprirne un altro piccolo pezzo.
La famiglia Moscati, la stessa del noto medico Santo, nei secoli scorsi, tra questo comune e altri del salernitano, ha acquistato diverse proprietà.
In un mulino azionato da una piccola cascata, con il lavoro dei coloni, i Moscati hanno molito tonnellate di grano, dalla fine del Settecento fino a tutti gli anni Cinquanta del secolo scorso. Poi un lungo periodo di fermo. “Giù al mulino” le macine si sono fermate e il tempo ha fatto in suo corso.Mentre osservo le foto di famiglia appese alle pareti delle tre stanze (Madame Bovary, Passaggio in India e Oceano Mare), della sua Residenza Contemporanea e gironzolo nel giardino pensile dove un piccolo albero di olive fa sfoggio di olive grandi come prugne, Giuliana Moscati mi racconta questa storia. Mi sento molto vicina a questa giovane figlia degli anni Settanta con la passione per il vino e al suo sogno di “far tornare a girare le macine della famiglia” in questo luogo, mettendo su un piccolo ristorante.
Un sogno reso realtà solo l’estate scorsa dopo due anni di laboriosi lavori di restauro il cui risultato, con l’aiuto di un bravo architetto, è una personale miscela di rustico e minimal chic, di antico e moderno. Balzano agli occhi, all’ingresso, i divertenti sgabelli color fucsia sui quali ci si può godere un aperitivo con lo sguardo sulla cucina a vista dalle piastrelle in tinte oceaniche, e le sculture – applique che diffondono una piacevole luce soffusa evidenziando, al contempo, le mura in pietra originali. Qui e là una cassapanca e una credenza di casa Moscati in legno massello scuro.Giuliana, giovane sommelier, accoglie gli ospiti e li consiglia nella scelta delle pietanze e del vino con il fare sicuro e attento della ristoratrice consumata. In cucina Clemente Gaeta, docente di Cucina all’alberghiero di Salerno, mostra, senza sbavature l’esperienza di chef maturata nelle cucine di diversi alberghi e di alcune start up di locali della zona.
Il menù chiuso da un nastrino lezioso, anch’esso fucsia, ha appena visto l’inserimento di alcuni elementi autunnali come i porcini e le castagne, e varierà di stagione in stagione.Tra gli antipasti ci sono degli ottimi “Tocchetti di baccalà su passatina di fagioli con sfoglie Cipolla rossa di Tropea” e la “Terrina di gamberi e ricotta al limone biologico di Faiano”.Per il primo, pasta o riso. Assaggio i “Paccheri con ricotta di bufala, radicchio e noci” e, preferendoli alle “Cortecce con zucca, pomodoro secco e Caciocavallo di Acerno”, il “Risotto al gorgonzola con speck e mele annurche”.Quest’ultimo è uno dei cavalli di battaglia della breve storia del locale, mi racconta Giuliana, insieme al “Filetto di maiale con spinaci, Nocciola Tonda di Giffoni e confettura di Pera Pericina” che scelgo per secondo. Ma non mi faccio mancare neanche un assaggio del “Tortino di baccalà con patate e caciocavallo”.Per il dolce un altro “classico del locale”: la “Scomposta di millefoglie con crema al mascarpone e croccantino caramellato”, incalzato dal dolce di stagione “Morbido di castagna al cioccolato su cialda croccante”.
La carta dei vini è quella di un locale new born: limitata, ma nella sua semplicità incentrata sulle aziende del territorio picentino. Il rallentamento del ritmo lavorativo, durante questa stagione, mi dice Giuliana, le darà il tempo che è mancato prima, per apportargli delle modifiche e per ampliarla. Parola d’ordine: curiosità e piccole aziende di tutta la regione.
Io intanto scelgo tra gli altri, un Aglianico Colli di Salerno Igt di Casa di Baal, azienda di Montecorvino Rovella. Annibale Salerno e Fortunato Sebastiano, il suo enologo, con questa etichetta non tradiscono la mia aspettativa di un Aglianico caldo, piacevole e intenso come desideravo vista la giornata di pioggia. Un vino corpulento senza essere muscoloso, un gentleman salernitano che si concede all’abbinamento e sempre irrestibilmente Aglianico come lo amo io.
Giù al Mulino, infine, specifica il menù, “si beve acqua potabile microfiltrata, eventualmente addizionata di anidride carbonica, dell’acquedotto comunale, proveniente dalle montagne di Acerno”. Ecco un’altra scelta minimal, a basso impatto, come quella dell’alimentazione energetica dell’intera struttura: il fotovoltaico.Si cena con circa 30 euro vino escluso e si soggiorna con 65-80 euro per la doppia, colazione inclusa.
Via Diaz, 66 – 84093
Tel. 089 200240
329 6114869
www.giualmulino.it
info@giualmulino.it
Apertura: da mercoledì a domenica periodo estivo.
Da venerdì a domenica periodo invernale. Domenica solo pranzo
Ferie, due settimane da metà ottobre
Locanda con stanze
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